Karen Horney
(1885 – 1952)
Purchè gliene si presenti la possibilità,
l’uomo tende per sua natura a sviluppare le proprie potenzialità:
“… egli manifesterà con chiarezza e profondità i propri sentimenti,
pensieri, desideri e interessi;
avrà la capacità di attingere dalla propria forza di volontà,
di instaurare rapporti interpersonali basati sulla spontaneità dei sentimenti;
tutto questo col tempo lo porterà ad essere in grado di rendersi conto dei propri valori e dei propri scopi nell’esistenza.
Tutto ciò lo porterà all’autorealizzazione…”
Karen Horney
Biografia
Karen Clementine Theodore Horney (nata Danielsen) nasce ad Amburgo il 16 Settembre 1885 da una famiglia appartenente alla media borghesia; il padre era un capitano di mare norvegese e la madre olandese, figlia di un ingegnere che aveva costruito le installazioni del porto di Brema.
Il padre era un uomo rigido, profondamente religioso, molto assente a causa del suo lavoro, mentre la figura della madre fu determinante; infatti la sostenne e la incoraggiò nelle sue scelte di vita.
Intraprese gli studi in medicina, fu una studentessa brillante e stimata, amava molto viaggiare ed era profondamente interessata al teatro. Nel 1909 sposò Heinrich Wilhem Oscar Horney da cui ebbe tre figlie (Brigitte, Marianne e Renate) e da cui divorziò nel 1939. Mentre era ancora studentessa universitaria, crebbe il suo interesse verso la psicoanalisi e fece un’analisi didattica con Karl Abraham; nel 1911 si laureò in medicina e lavorò per tre anni in una clinica psichiatrica e durante la guerra prestò servizio in un ospedale neurologico militare.
In quegli anni presso l’Istituto Psicoanalitico di Berlino giunsero quelli che sarebbero diventati i più prestigiosi studiosi clinici della psicoanalisi della prima metà del secolo quali Alexander, Rado, Sachs, Klein, Fromm, e molti altri, ed in quel clima di grande fermento intellettuale la Horney acquistò sempre più considerazione e fama grazie al suo lavoro, alle sue pubblicazioni e alla partecipazione a congressi internazionali. I drammatici eventi storico-politici di quegli anni forse non influenzarono la Horney nella sua scelta di lasciare l’Europa e trasferirsi in America, anche se incombeva la minaccia nazista e la sua posizione come antifascista era chiara. Di fatto nel 1932 si trasferì a Chicago sollecitata da Alexander che la considerava una delle personalità più prestigiose del mondo della psicoanalisi.
Trascorsi due anni, nel 1934, si trasferì a New York dove ebbe l’incarico come docente presso il New York Psychoanalytic Institute e alla New School for Social Research. In questi anni la Horney aveva cominciato a pubblicare una serie di saggi in cui metteva in discussione alcuni principi fondamentali dell’ortodossia freudiana. Nel 1930 scrisse intorno all’importanza dei fattori socio-culturali nello sviluppo umano, in opposizione alle teorie puramente intrapsichiche, tesi incorporate nella psicologia contemporanea ma che al tempo furono considerate eretiche. A New York la Horney stabilì dei profondi legami intellettuali e d’amicizia con la Thompson, Sullivan, Silverberg ed in seguito Fromm. Insieme a loro diede vita ad un movimento di pensiero sulla psichiatria intesa come studio delle dinamiche interpersonali. Nel 1941 insieme alla Thompson, a Fromm, Kelman, Robbins ed altri psicoanalisti fonderà l’American Association for the Advancement of Psychoanlysis (A.A.P.). Dopo varie e tormentate vicende all’interno dell’A.A.P. e di altri istituti di psicoanalisi, la Horney decise di dedicarsi principalmente al suo lavoro terapeutico, alle lezioni e allo sviluppo della teoria con particolare attenzione alla nozione del Sé reale, centrale nel suo ultimo libro. Nel 1952 muore a New York all’età di 67 anni.